Personaggi e storie

Cinema Statuto: 35 anni fa una spaventosa tragedia

Le fiamme provocarono la morte di 64 persone. Era il 13 febbraio 1983.

Un dramma che non deve essere dimenticato.

Foto di repertorio

Sandro Pertini era il Presidente della Repubblica, Diego Novelli il sindaco di Torino. Era la sera del 13 febbraio 1983 e in quel cinema di via Cibrario stavano proiettando la commedia “La Capra” con Gérard Depardieu. Fuori, una fitta nevicata si stava abbattendo sul capoluogo sabaudo. Le lancette degli orologi segnavano le 18,15 quando le fiamme iniziarono a divampare all’interno dello “Statuto”. Un cortocircuito, dissero, dopo che si propagò partendo da una tenda. Morirono 64 persone sulle 100, 120 presenti all’interno della sala. Quasi tutti persero la vita a causa di intossicazione da fumo e a cause delle ustioni. Una strage, quella che fu definita come la più grande sciagura che colpì Torino nel secondo dopo guerra. Molte vittime trovarono la morte perché, mentre cercavano di fuggire, trovarono le uscite di sicurezza chiuse. Ci furono una serie impressionante di errori, così si pronunciò tempo dopo la magistratura: le luci di sicurezza che non si accesero; la proiezione non fu interrotta, nascondendo in tal modo la percezione di pericolo; molti cercarono la salvezza correndo verso l’accesso che dava sull’atrio, inutilmente (proprio in quel luogo i soccorritori trovarono ben 40 corpi carbonizzati); molti vennero trovati cadaveri ancora seduti in poltrona. Una tragedia immensa, che colpì tutta Italia e fece esplodere polemiche durissime. Due giorni dopo, il 15 febbraio, si svolsero i funerali, in una città silenziosa e sbigottita. In prima fila il presidente Pertini, con il viso contrito e gli occhi lucidi. Delle 64 vittime, 31 erano uomini, altrettante donne. Tragedia nella tragedia: due bambini, il più piccolo aveva solo 7 anni. Undici, invece, furono le persone indagate e mandate a processo. Di queste, sei furono condannate per aver concorso alla concatenazione di eventi e per le manchevolezze, culminate nell’omicidio colposo plurimo. Il proprietario del cinema fu condannato a otto anni in primo grado, poi ridotti a due in appello con sentenza definitiva, e dovette risarcire i 250 parenti delle vittime, costituitisi parte civile, con una somma di 3 miliardi di lire del 1985,. Una vicenda giudiziaria che gli costò il sequestro e la successiva vendita di tutti i beni posseduti. Tra gli altri imputati, un geometra che aveva supervisionato i lavori di ristrutturazione dell’esercizio (così come aveva fatto in altri incarichi del genere in oltre un centinaio di cinema della provincia torinese), fu condannato a sette anni, un tappezziere e l’operatore a quattro, mentre risultò assolto l’elettricista con la motivazione dell’insufficienza di prove; pene poi ridotte in appello, mentre in seguito la cassazione concesse la prescrizione agli imputati rimasti. Il dramma dello Statuto servì, magra consolazione, per dare il via a una completa revisione delle normative antincendio negli esercizi pubblici, in particolare nelle sale cinematografiche. Il cinema torinese teatro della tragedia non aprì mai più i battenti e nel 1996 fu abbattuto, per fare posto a un condominio. Cemento gettato per coprire una sciagura che nessuno deve dimenticare.

Andrea Borasio

Nato nel 1967 a Vercelli, ha collaborato con il bisettimanale "La Sesia", con il mensile "La Grinta", con il quotidiano "La Provincia" e, prima di essere Responsabile Editoriale di "Vercelli Notizie", con il settimanale "Notizia Oggi Vercelli" in qualità di redattore. E' stato anche addetto stampa di diverse società sportive vercellesi. Autore del libro "Le risaie in discesa - I vercellesi sugli sci".

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