“Cambiare il nome a Trino? Delirante…”
Aspre critiche dal Sinodo del Sinistri al sindaco Pane
Trino (VC) (03/03/2020 – 14,07) – Riceviamo e pubblichiamo
Ci risiamo. Dopo le trasformazioni estemporanee, antistoriche ma soprattutto unilaterali dello stemma civico e della toponomastica cittadina, ora pare tocchi al nome del nostro paese. Ancora una volta, il sindaco di Trino, Daniele Pane, si è alzato con il piede sbagliato e chi ne farà le spese sarà il buon nome di Trino: “città”, il cui titolo fu concesso alla comunità di “Trino” (senza altre etichette improprie) da Carlo Emanuele III il 7 gennaio 1763.
Poiché il capriccioso Primo Cittadino trinese è “stufo di sentirsi dire che Trino è la città della centrale nucleare, delle alluvioni e delle zanzare”, non ha avuto esitazioni di sorta: d’ora in poi si chiamerà «Trino Monferrato» o, in subordine, «Trino nelle Grange e nel Monferrato». Di conseguenza (a delibera di giunta comunale immediatamente esecutiva) le zanzare spariranno, il territorio alluvionale si assesterà a terrazzo costiero, e la memoria socio-industriale di Trino “andrà perduta come lacrime nella pioggia”.
Siamo al delirio ossessivo di credere che il rilancio turistico e culturale di un territorio si realizzi con un maquillage nominativo.
Trino è invece “un nome originalissimo, con un carattere storico tutto suo, inconfondibile con i nomi di altre località italiane”, così si esprimeva («Il Pungolo», settembre 1971) il ricercatore storico Silvino Borla quando lanciò una campagna contro “la falsa, ingombrante e dissonante coda di «Vercellese» appiccicata al nome di Trino”.
È ben vero che un altro studioso, Aldo di Ricaldone, sostenne che “la città di Trino dovrebbe toponomasticamente chiamarsi Trino Monferrato e non Trino Vercellese” («Monferrato tra Po e Tanaro», Gribaudo, vol. 2°, 1999, p. 957), ma lo sostenne proprio in considerazione e nel contesto della storia sociale, economica, religiosa, militare, culturale e politica di una comunità che, ancorché influenzata dal marchesato del Monferrato, dal comune di Vercelli, dal ducato di Savoia e dal governo rivoluzionario francese, poteva rivendicare una sua unicità, peraltro già riconosciuta quando si elevò Trino a Provincia (1631-1707).
Trino ha poi, sottolineava Borla, una sua origine etimologica antichissima e affascinante: “Deriva, secondo Costante Sincero («Trino e i suoi tipografi», Bocca, 1897, p. 11) da Tridunum, nome celtico, con la desinenza in dunum, con la quale i Celti solevano indicare un borgo vicino alle acque, in riva a un fiume (il Po o la Stura). Nel successivo tempo romano Tridunum si contrasse in Tridinum e infine, con la lingua volgare, in Trino”.
La nostra città è sempre stata indicata semplicemente come “Trino”: nelle antiche carte geografiche a noi note, come nella “Geografia” del “Ptolemaeus 1561”; dagli storici locali Gian Andrea Irico (“Rerum Patriae”, 1745) e Giuseppe Martino Raviola (“Monografia della città di Trino”, 1879); nei vari elenchi dei Comuni d’Italia, a cominciare dal “Dizionario Geografico Portatile” del Brouckner, 1794; al “Calendario Generale pe’ Regii Stati Sardi”, 1824; al “Calendario Generale del Regno d’Italia”, 1863; al “Dizionario dei Comuni d’Italia”, 1924; all’“Elenco alfabetico generale delle località postali italiane”, 1967; alle “Gazzette Ufficiali”.
Il sindaco di Trino abbandoni pertanto questa continua azione di propaganda finalizzata a materializzare (nell’occasione con i cambi nominativi a vie, piazze e città stessa) una sorta di nuova civiltà (“Era”) comunale ma soprattutto non cerchi a tutti i costi di delegittimare “dopo più di due millenni di integrità questo bel nome della nostra città: Trino”. A meno che, da novello Gattopardo, il sindaco abbia l’intenzione di dividere la popolazione su argomenti banali ed inutili, e non dedicarsi per incapacità, a risolvere i veri problemi di una cittadina senza lavoro per i giovani, senza prospettive per i meno giovani e con allarmanti orizzonti per gli anziani ed i malati meno abbienti: cambiare tutto (a parole) per cambiare nulla (con i fatti). (Il Sinodo dei Sinistri – Fausto Cognasso, Giorgio Cognasso, Bruno Ferrarotti, Patrizia Massazza, Giovanni Tricerri)