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L’acqua del Sesia arriva in India

Il racconto di Liza Binelli.

VERCELLI (a.b.) A febbraio l’insegnante vercellese Liza Binelli si recò in India, ad Auroville, per partecipare al cinquantesimo anniversario di fondazione della città. Con se portò anche una bottiglia contenente l’acqua del nostro fiume, il Sesia. L’acqua venne poi versata in un’ampolla dorata. Era il 28 febbraio. Quest’anno, a Ferragosto, sempre ad Auroville e sempre nell’anfiteatro del Matrimandir, in occasione della festa dell’Indipendenza, hanno voluto nuovamente riportare l’attenzione mondiale sull’importanza del cosiddetto “oro blu”, creando un percorso composto di fior di loto di carta, alternandoli alle gocce d’acqua utilizzate a febbraio. L’acqua “originale” non era ovviamente più disponibile, per cui hanno pensato di utilizzare gocce di carta. I bimbi indiani le hanno disposte con cura e attenzione, all’alba, come vuole la tradizione. Naturalmente c’era anche la goccia con la scritta “Sesia River”. Grazie a Liza Binelli, dunque, l’acqua del “nostro” fiume ha varcato nuovamente i confini, arrivando sino in India. Quello che segue è il reportage dello scorso 28 febbraio, scritto proprio dall’insegnante vercellese.

Liza Binelli e la “sua” India.

Quando l’aereo sta per staccarsi da terra, dalla sacra terra di Bharat ogni volta pensieri contrastanti si affollano nella mente mentre vedo scorrere la pista. “Ce l’ho fatta. Ho vinto io”. Subito dopo: “Ti rivedrò? Toccherò ancora questo suolo? Quando? Dove?”. E infine: “Grazie per avermi accolta, protetta ed ospitata”. L’India è una terra magica, affascinante, ma difficile se non sei una viaggiatrice esperta, ed io, non lo sono.Intanto perchè insegnando riesco ad andarci solo d’estate, quando fa un caldo insopportabile, che debilita e al rientro sei al limite delle forze. Poi perchè temo mi possano capitare disgrazie di ogni sorta a causa dei bombardamenti mediatici: incidenti aerei, attacchi terroristici. E allora perchè ci vai, mica è un obbligo. Perchè sono di fede indo-buddista, perchè ogni volta sono in debito con qualche divinità, perchè una volta respirata l’aria indiana ti entra dentro ed ogni tanto ne hai bisogno di una boccata; ma anche per fini commerciali diciamo. Adoro arredare la mia casa con statue di Budda, Shiva e tessuti luccicanti dai mille colori. Inondarla di profumosi incensi e renderla suggestiva con le musiche orientali. 

Questa volta sono stata nel Tamil Nadu, l’estrema punta dell’India sul versante est che si affaccia sull’Oceano Indiano e le città visitate sono state: Chennai, Pondicherry e Auroville. Più qualche villaggio dal nome impronunciabile. Auroville è un eco village che si estende su di una superificie enorme, tra foresta e oceano. Nata 49 anni fa accoglie chiunque decida di viverci e metter su un’attività: una guest house, un negozio, una “farm” o di lavorare in quelle già esistenti. Al primo posto ci sono gli indiani, seguiti da francesi, tedeschi e italiani con 150 presenze (ultimo censimento aprile 2017). Per cui le possibilità d’alloggio sono numerose e per tutte le tasche: dal basic al tutto comfort. Per basic s’intendono le capsule (le chiamano così) ovvero palafitte a forma di triangolo con tetto di paglia, una stuoia, doccia all’esterno, gabinetto dietro il primo albero. Però il wi-fi viaggia che è una meraviglia. Si passa quindi alle camere d’albergo con o senza aria condizionata, oppure a stanzoni con bagno in comune fino agli appartamenti con terrazza sulla foresta, ampio soggiorno, protetti in un’area chiusa da alte mura e difesa da una guardia giurata giorno e notte. Ecco io ho scelto quest’ultima. La spesa non è eccessiva 30 euro al giorno a seconda dei mesi, solo ventilatori (pale al soffitto), bombola del gas, bagno con doccia puliti. Ti danno anche la bici gratis, peccato che da me il wi-fi proprio non ne voleva sapere di funzionare. Per spostarmi usavo un tuk tuk (Ape car giallo), con autista scelto dai proprietari della guest house, per cui si tratta di persone conosciute e fidate, sanno a che ora esci e con chi. La sicurezza per una ragazza sola, straniera, in India non è mai troppa. Credetemi. Al centro di Auroville c’è il Matrimandir, una palla dorata di vetro, silicone e altri materiali, visitabile solo su prenotazione gratuita dentro e fuori. L’organizzazione è pazzesca: si parte dal Visitor center dove ti mostrano con un filmato la storia del luogo, poi a bordo di un pulmino ti portano dove c’è questo simbolo e qui, John (from Vancouver , Canada, anything else, lo dice lui) ti illustra il percorso e si è seguiti passo a passo nei giardini tra alberi secolari come bananyan e frangipane, è una cosa unica al mondo. Sotto la palla c’è un’area aperta con al centro la cosa più bella che abbia mai visto: su dei petali di un marmo bianchissimo scorre l’acqua dolcissimamente. C’è un silenzio assordante e stranamente fa pure fresco. È richiesto il silenzio assoluto, tutto intorno è pulito, tranquillo, non ci sono mendicanti e il tipico traffico indiano, caotico, lì non esiste.  

Visitare l’interno è un’esperienza ancora più unica. Si procede a tappe fino ad arrivare in una stanza circolare, tutta bianca, con alte colonne di marmo, ti danno calzettoni in spugna da indossare e ti fanno disporre a terra su dei lenzuoli a meditare in silenzio, se ti viene da tossire devi uscire. E la volete sapere una cosa? Fa freddo, lì dentro. Sarà per via di tutto quel marmo. Ma l’esperienza di pace è accompagnata anche dal fatto che per arrivarci percorri una salita calpestando una moquette di una morbidezza incredibile, tutto intorno è di colore rosa, fucsia, arancione. La luce che filtra è soffusa. Volontari ovunque vestiti di bianco non ti perdono d’occhio e ti sorridono, non puoi sbagliarti. Ti contano e ti ricontano come in gita coi bambini. Peccato che le foto siano vietate. Ma qualcosa in rete che rende l’idea si trova. All’esterno la vita riprende con altri ritmi. Si cucina acquistando i prodotti locali. Si fanno acquisti nei negozietti gestiti dagli aurovilliani. Oppure si va alla scoperta dei villaggi e di Pondicherry, un’ex colonia francese, con un bellissimo lungo mare o si dirà lungo oceano, molto simile alle cittadine del sud della Francia. Ci sono tante chiese, tanti templi, il più famoso è Malakula, dedicato a Ganesha, dove c’è un elefante che ti benedice all’ingresso, peccato che quel mese era in ferie. Eh sì, non è una battuta, lavora tutto l’anno e ad agosto si riposa. Peccato, sarà per la prossima volta. 

Intanto si può visitare l’interno, dove sul soffitto sono raffigurati alcuni momenti tratti dal Mahabharata, antico testo indù. Imperdibile l’ashram di Sri Aurobindo, che sta proprio lì vicino e che poi sarebbe il fondatore di Auroville insieme alla sua compagna spirituale La Mère. Infine, la capitale: Chennai. Enorme, come tutte le megalopoli. Affollata, inquinata coi tipici cumuli di spazzatura, taxi, carri, animali sulla strada come vacche, cani randagi e caprette. Cantieri, cantieri e ancora cantieri. Ma anche hotel di lusso, musei, giardini. Io definisco questi luoghi con un’unica frase: è l’India che ce la sta mettendo tutta. Diamole il tempo.

Liza Binelli (28 febbraio 2018)

20/08/2018 – 23,07 

Andrea Borasio

Nato nel 1967 a Vercelli, ha collaborato con il bisettimanale "La Sesia", con il mensile "La Grinta", con il quotidiano "La Provincia" e, prima di essere Responsabile Editoriale di "Vercelli Notizie", con il settimanale "Notizia Oggi Vercelli" in qualità di redattore. E' stato anche addetto stampa di diverse società sportive vercellesi. Autore del libro "Le risaie in discesa - I vercellesi sugli sci".

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